Il Post ha pubblicato un articolo con la classifica dei maggiori consumatori di cannabis, e l’Italia, una volta tanto, è in testa ad una classifica.
Sono uno tipo interessante
Succede che uno si fa prendere dalle cose della vita – non scrive più sul blog, non telefona agli amici, appende al chiodo certe cose che ha sempre ritenuto importanti e, soprattutto non controlla periodicamente il suo profilo di Twitter.
E così, quando un giorno sfoglia distrattamente la lista dei follower trova cose così:
Mi sa tanto, che preso com’ero dal vortice delle cose della vita, a qualche bivio ho svoltato deciso e adesso certe occasioni non le colgo più.
Resta comunque la soddisfazione di sapere che i funghi mi trovano interessante.
Non è mica di coriandoli
Ipotizziamo una società che per una convenzione comunemente riconosciuta, si ritrovi numerosa in un luogo pubblico per celebrare una festività – i partecipanti per lo più bambini accompagnati dagli adulti – e che siano, almeno in questa occasione, gli elementi più giovani di questa società ad orientare i consumi e le immediate spese economiche di ciascun nucleo famigliare.
Mettiamo che le convenzioni, o meglio, le tradizioni, prevedano che i partecipanti a questa manifestazione si dotino di una serie di oggetti rituali, tra cui modeste quantità di briciole di materiale cartaceo, ottenute tagliando fogli di carta di bassa qualità , spesso riciclata o di scarto, con procedimenti industriali a bassissimo costo.
Mettiamo che una modica quantità di questi oggetti, normalmente conservati in sacchetti sufficientemente grandi a contenerne almeno il doppio, venga venduta sul luogo del ritrovo collettivo ad un prezzo pari a quello necessario ad acquistare mezzo chilogrammo dell’alimento base della cucina locale.
Aggiungiamo inoltre che, nonostante le leggi prevedano che ogni transazioni commerciale sia accompagnata da una attestazione, e che tali attestazioni siamo utilizzate per determinare in quale misura il commerciante debba contribuire alle tasse che tutti i cittadini sono tenuti a versare per garantire servizi comuni -Â per nessun sacchetto di briciole di carta venduto viene rilasciata attestazione comprovante l’avvenuta vendita.
Ecco, io penso che una società così, se improvvisamente scomparisse, venisse invasa ed assoggettata da un popolo culturalmente più avanzato, o semplicemente diventasse sterile, in fondo non sarebbe una gran perdita.
(Tra qualche decennio, se in qualche modo tutto quello che viene scritto su Internet avrà modo di sopravvivere, qualcuno potrà scoprire che nell’anno 2012, il giorno di carnevale, il prezzo di mercato di un sacchetto mezzo vuoto di coriandoli in una cittadina qualunque della provincia italiana era di 2 euro).
È finito Sanremo
È finito Sanremo e posso tornare a frequentare la mia timeline di Twitter.
Ho 36 anni e non riesco a capire come mai gran parte dei miei contatti, più o meno miei coetanei, si siano divertiti a commentare più o meno in diretta quello che passava la tv.
Era tutto un inorridito sarcasmo, e si cercava una bella canzone come un quadrifoglio in un campo spelacchiato di periferia.
Ognuno ha detto la sua sulle sparate di Celentano e sulle mutande di Belen, che non c’erano.
I tag #occupysanremo si sono succeduti con una frequenza tale da far perdere nel caos tutti gli altri tweet, con il risultato di occupare la mia timeline piuttosto che il palco del Teatro Ariston.
E io che pensavo che molti dei miei contatti non ce l’avessero nemmeno, la televisione.
È una generazione che torna ad accendere la TV quando non riesce a resistere al richiamo di una cosa che, quando eravamo piccoli, non eravamo ancora capaci di definire trash?
Ah sì, il trash si guarda anche se inorriditi, è quello che lo rende divertente, ma è anche quelli per cui è concepito.
Mi viene in mente quando da bambini, dopo i temporali, trovavamo i lombrichi morti nelle pozzanghere.
“che schifo” diceva uno, “bleah ” diceva l’altro, ma intanto si stava lì a stuzzicarli con i bastoncini e, alla fine, ci siamo divertiti sul serio, nessuno di noi dirà il contrario.

